The year after


Benvenuti nel 2011, anno I dalla riforma.

Stiamo parlando della riforma dell’università, ovviamente. Strano a dirsi, ma a neanche un mese dalla sua approvazione è già tempo di consuntivi. Quando si dice l’efficienza…

Cosa sta succedendo nell’università, non solo a causa dell’approvazione del pluricontestato e megamitizzato disegno di legge Gelmini? Facciamo un breve ma significativo elenco:

– 1 ) Nei consigli di facoltà, ordinari anziani, con malcelata soddisfazione, hanno già rivolto ai ricercatori ancora in agitazione simpatiche frasi come la seguente,: “Ora che la riforma è stata approvata dovete stare buoni!”. Ma non era la riforma che toglieva potere ai baroni? Peccato che Maria Stella non fosse lì a sentire. Chissà che pianti si sarebbe fatta, poverina!!

– 2 ) O forse no, visto che le piacciono le birichinate. Prima dell’approvazione della legge, il 1 Dicembre 2010 sul sito del ministero si leggeva tutta una serie di problemi (qualcuno meno equanime le ha anche chiamate minacce…) che si sarebbero posti alle università nel caso in cui la legge non fosse passata:nessun concorso per ordinari e associati; nessun concorso da ricercatore, blocco delle risorse per reintegrare gli scatti stipendiali. La legge è stata approvata e… concorsi spariti e reintegro degli scatti dileguato. Ma il ministro è perfettamente coerente: mica aveva detto cosa succedeva se la legge passava!

– 3 ) Come detto al punto precedente, uno dei motivi della protesta nata nel 2010 era la soppressione degli scatti stipendiali di tutti i docenti universitari per tre anni, senza più alcun recupero. Il danno di un provvedimento del genere è decisamente minore per un ordinario anziano, ma è pesantissimo per un giovane ricercatore, che ne subirà gli effetti per tutta la sua carriera e dopo il pensionamento (ordine di grandezza: più di 100.000 euro). Ma non è abbastanza. Non è noto a tutti che le promozioni ai tre gradini della carriera di un docente universitario (ricercatore, associato e ordinario) sono seguite da tre anni di “straordinariato”, durante i quali lo stipendio in genere non varia in modo significativo rispetto alla condizione precedente (e per i ricercatori è di circa 1200 euro netti mensili). Solo dopo tale periodo lo stipendio viene realmente incrementato. E’ notizia recentissima che anche tali aumenti di stipendio, che niente hanno a che fare con la normale progressione degli scatti, sono nel mirino. Prossimo provvedimento ventilato, lo ius primae noctis. Del resto per il premier è un chiodo fisso… Fortunatamente, data l’agonia cui è costretta l’istituzione, nell’università italiana si arriva alla docenza quasi a 40 anni. Visti i gusti dei nostri politici, il provvedimento farà quindi poco danno.

– 4 ) Pochi sanno che a settembre è stato approvato un decreto ministeriale (DM17) che rivoluziona anch’esso in modo significativo il funzionamento delle università, imponendo quantità massime di studenti in aula, e quantità minime di docenti che devono dedicare la propria attività didattica ad un unico corso di laurea. Provvedimenti anche giusti, in generale, che mirano a ostacolare il proliferare incontrollato di corsi di laurea ed a garantire una didattica dignitosa, ma che in regime di carestia di docenti (voluta con il quasi blocco del turn over imposto dalla legge finanziaria già dal 2008) al posto della “non proliferazione” producono la “sparizione completa” di corsi di laurea. Naturalmente senza alcuna attenzione a chi dovrà sparire perché non doveva nascere e a chi invece sparendo impoverisce drasticamente la capacità dell’università di formare cittadini, esperti e tecnici in grado di far progredire il paese. Per cercare di minimizzare il danno, molti corsi di laurea stanno attivando fusioni e cooperazioni tra atenei, ma non è una cosa semplice. E’ chiaro che si tratta di una rivoluzione che imporrà a molti dei sopravvissuti e modificati corsi di laurea l’adozione del numero chiuso (che ora va di moda chiamare “numero programmato” perché fa più figo e si capisce meno che è una limitazione di libertà, anche costituzionali) e che comunque impone cambiamenti che dovrebbero essere assai meditati. Tutti pensavano, in mancanza di chiarimenti, che ci sarebbe stato almeno un anno di tempo per provvedere alla sua applicazione. Invece il 16 dicembre una circolare a firma del ministro Gelmini chiarisce gentilmente che: “[…] è stato impropriamente omesso di precisare, al termine § 34-bis dell’allegato B allo stesso D.M., che il DM 22 settembre 2010, n. 17 (requisiti necessari alla attivazione dei corsi di studio) dovrà comunque trovare applicazione a decorrere dall’a.a. 2011/2012. […]”

Ooopsss… Per i non addetti ai lavori, ciò significa che entro fine febbraio 2011 tutta l’offerta didattica di tutti gli atenei italiani dovrà essere conforme al dettato del DM17. Per capire cosa ciò significa si potrebbe provare a pensare ad un comunicato con cui il governo chiarisce alla FIAT che entro il 2011 deve avere pronta nelle concessionarie una nuova auto elettrica che, al prezzo di una Panda, vada a 200 all’ora e  faccia 2000 km senza ricaricare le batterie. Chiedere è lecito, ma rispondere non è sempre solo questione di cortesia…

Anche perché sono tantissime ed importanti le indicazioni che ancora le università attendono di ricevere dal ministero, e che comprendono aspetti chiave per le decisioni da prendere, come per esempio il numero di CFU massimo per gli esami di indirizzo che possono essere diversi tra i vari curricula attivabili. Un po’ come  se dell’auto di cui sopra, non si sapesse ancora se deve avere 4 o 8 posti…

E infatti qualcuno (CUN ed anche CRUI a quanto pare) si rende conto della cosa e lo fa presente in alto loco. Miracolo! Nuovo cambio di rotta: il 20 Dicembre arriva questa comunicazione in cui si rimanda tutto di un anno.

E’ un piacere lavorare con Lei, signor ministro.

– 5 ) Il governo “invita” le università all’efficacia ed all’efficienza. Però non fa sapere al paese che agli atenei italiani è stata comunicata l’entità del finanziamento statale necessario al loro funzionamento per l’anno 2010, in data 3 gennaio 2011 (avete letto bene). Si riconoscerà che non è facile procedere ad una pianificazione dell’uso delle proprie risorse che sia efficace, efficiente e rispettosa dei limiti imposti dal governo, SENZA SAPERE QUALI SIANO le proprie risorse. Sarà opportuno allora che i tre membri esterni all’università che dovranno far parte del costituendo Consiglio di Amministrazione in qualità di esperti di gestione, si chiamino Silvan, Otelma e Binarelli…

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3 risposte a The year after

  1. simocapa ha detto:

    Se dovessimo dare una valutazione ex-post del lavoro del Ministro e del suo staff,
    per valutare se la riforma e’ valida o no, ovviamente dovremmo aspettare almeno un anno, ma forse anche di piu’, per monitorarne i risultati.

    Per la riforma Berlinguer, ovvero il cosiddetto 3+2 o “Bononia System” come dicono in Europa, ci sono voluti piu’ di 6 anni e il verdetto e’ stato negativo. Si puo’ sempre dire che la riforma era giusta ma e’ stata la sua applicazione a fallire. Cosi’ come nel calembour “l’operazione e’ riuscita ma il paziente e’ morto”.

    Nel caso della Gelmini pero’ possiamo fare subito una eccezione.
    Il testo, come fa notare Daniele Terlizzese de La Voce.info (http://www.lavoce.info/articoli/-scuola_universita/pagina1002100.html), e’ una accozzaglia eterogenea di provvedimenti. Scritta con i piedi e, se si poteva, peggiorata dai passaggi parlamentari. In molti casi l’eccesso di regole fa somigliare la legge a un testo esoterico. C’e’ da sperare che l’applicazione sara’ celere e efficace, ma e’ certo che non si parte con il piede giusto.

    Gli altri problemi che menziona Franco, come i provvedimenti incauti pubblicati e poi smentiti, i ritardi clamorosi (pensate al decreto FFO, ma anche ai bandi PRIN), gli “stop and go” continui, sono delle costanti dell’operare del Ministro e della sua squadra.
    Si ha l’impressione di avere a che fare con dei dilettanti allo sbaraglio e che, spesso, ci sia molta indulgenza nei loro confronti (purtroppo anche da parte di Napolitano) e nessuno chieda (e mai chiedera’) conto a Mariastella Gelmini del suo operato. Poverina, sta imparando!

    Vi chiedo se voi siete stati trattati con la stessa comprensione quando eravate (o siete) dottorandi, assegnisti o ricercatori precari. Ne dubito.

  2. Mi fa gran piacere notare che si parla di ricercatori e professori, ma non di tecnici. L’altra metà del personale universitario viene ignorata, se ne nasconde l’esistenza. Vorrei segnalare una cosa simpaticissima: ricercatori e docenti non hanno cartellini da timbrare. L’assenteismo ha raggiunto livelli che superano il ridicolo, e nel mentre il ministro può liberamente divertirsi a calpestare la sola frazione del personale realmente costretta a presentarsi al lavoro.
    Ci sono parecchie cose che non vanno, nell’università. La vera pecca di tutti gli ultimi tentativi di riforma è sempre la stessa: si pretende di risolvere i problemi causati dalla dirigenza calpestando idraulici e portinai. Una scelta sovietica nello stile ed inutile nella pratica.
    Spiace doverlo dire, ma fin quando avremo a che fare con professori che si fanno vedere al lavoro un giorno la settimana non riusciremo a far funzionare niente; la buona volontà dei bidelli non potrà risolvere nessuno dei nostri problemi.

  3. Franco Failli ha detto:

    Hai ragione, la buona volontà di singoli bidelli, ragionieri, tecnici di laboratorio, e anche di singoli docenti non può certo risolvere la situazione. Come non la risolve il calpestare “idraulici e portinai”, che non sono comunque gli unici ad essere calpestati, visto che la denigrazione ed i tagli stipendiali riguardano più che altro, che io sappia, i docenti.
    Sul comportamento di alcuni colleghi mi associo alla tua condanna. Ti confesso che non saprei quantificare, però. Io non ne vedo tanti, che si comportano come dici; però il mio orizzonte personale è necessariamente limitato, e non può essere significativo. E’ uno dei problemi grossi dell’università, del resto, capire davvero (a tutti i livelli ed in tutti i ruoli) quanti sono (e chi sono, magari) che andrebbero “tagliati” e quanti sono che invece andrebbero premiati. Ci riuscirà l’ANVUR? Io sono scettico. Vedremo.
    L’assenza di citazioni del personale tecnico nel pezzo dipende dal fatto che l’argomento trattato era la trasformazione introdotta nell’università dalla riforma Gelmini, i cui effetti sul funzionamento dell’istituzione colpiscono più che altro la didattica e la ricerca, e quindi impattano molto sui docenti e meno sui tecnici/amministrativi.
    Il punto numero 1 del pezzo parla di un consiglio di facoltà, e lo racconto perché ero lì, e non altrove. Se sei a conoscenza di episodi analoghi accaduti in consessi “non professorali” raccontali. Sarà utile ed interessante. Capita infatti che non sappiamo cosa succede dietro la porta accanto alla nostra. E spesso è quella di un tecnico.

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